le interviste

Arturo. Pronto soccorso tra codici, cinismo e umanità

Il pronto soccorso non chiude mai. Le porte si aprono, entrano volti pallidi, corpi spezzati, gente che ha paura, gente che non capisce quanto è grave finché non è troppo tardi. Arturo, 46 anni, medico d’emergenza a Roma, è lì dentro da una vita. Ha visto di tutto. E non ha tempo per le stronzate. Ci ha concesso questa intervista tra un codice rosso e l’ennesimo caffè lasciato a metà.

🎤 Intervistatore: Arturo, grazie per il suo tempo.

🩺 Arturo: Faccia in fretta. Ho un uomo che sta cercando di morire nella stanza accanto.

🎤 Intervistatore: Com’è lavorare in un pronto soccorso?

🩺 Arturo: Un casino. Sangue, urla, attese infinite, drammi veri e drammi inventati. Se va bene, salvi qualcuno. Se va male, ti resta addosso.

🎤 Intervistatore: Dopo il Covid ha pensato di mollare.

🩺 Arturo: Ogni giorno. Ma poi mi chiedo: e dopo? Cambio vita? Vado a vendere mutui? Apro un chiosco a Ostia? Non scherziamo.

🎤 Intervistatore: Cosa la sfianca di più?

🩺 Arturo: Quelli che vengono per una sciocchezza e quelli che arrivano quando è troppo tardi. Entrambi mi fanno incazzare, ma con i secondi almeno ho qualcosa di vero da fare.

🎤 Intervistatore: E cosa la tiene in piedi?

🩺 Arturo: Caffè, sigarette e quei momenti in cui riesco davvero a salvare qualcuno.

🎤 Intervistatore: Il suo camice è sempre sporco.

🩺 Arturo: Sì, ma non mi chieda di cosa. Non voglio saperlo neppure io.

🎤 Intervistatore: Eppure odia il sangue.

🩺 Arturo: Già. Ma a quanto pare è reciproco, visto che mi finisce sempre addosso.

🎤 Intervistatore: La morte. Ci si abitua?

🩺 Arturo: No. Semplicemente, smette di sorprenderti.

🎤 Intervistatore: Se potesse tornare indietro, rifarebbe tutto?

🩺 Arturo: Forse sì. Forse no. Ma è tardi per pensarci.

🎤 Intervistatore: Un consiglio per chi legge?

🩺 Arturo: Se venite al pronto soccorso, non mentite e non chiedete “Dottore, è grave?”. Se lo è, lo capite da soli.

🎤 Intervistatore: Grazie, dottore.

🩺 Arturo: Sì, sì. Ora levatevi di torno.

Un’infermiera lo chiama da dietro la porta. Arturo tira su col naso, lascia il caffè mezzo pieno su un carrello, si massaggia la nuca uscendo. Sparisce tra le tende verdi, il camice ancora sporco di qualcosa. L’intervista è finita. Il turno no.

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